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  • Codice 34, lo spumante definitivo di Pojer e Sandri
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Codice 34, lo spumante definitivo di Pojer e Sandri

A’ capa: un tocco di sincretismo nell’insegna dell’ultimo nato a Faedo, casa Pojer e Sandri. Un punta-e-tacco enologico in questo progetto ambizioso e impegnativo allo stesso tempo, tanto che ‘a capa - la testa - non è estratta a sorte dalla smorfia napoletana. È anzi quasi un obbligo estetico teso ad accompagnare il procedimento complesso, quasi alchemico che porta alla realizzazione di questo Codice 34.

Alchemico quanto misterico, se non mistico, ma di certo “di testa”: quasi un capogiro leggerne l’articolato algoritmo produttivo. La parte antica, dei vini di riserva AD1997, già rifermentati; la parte nuova, vendemmia 2017, di prima fermentazione; e infine l’assemblaggio che chiama a gran voce una terza fermentazione e che prende per mano la cuvèe senza alcun dosaggio: una sboccatura larga, di oltre due anni, e un ultimo riposo. E ne citiamo solo gli aspetti pur vagamente comprensibili a noi comuni mortali.

Vino di progetto dunque: confermato dalla splendida etichetta che aggiunge una ulteriore voce a questo “Da Vinci” enologico: il TENET numerico così destramente disegnato da Durer, il feticcio espressivo del Duo di Faedo, in cui ogni lato, ogni parallelo, ogni meridiano, ogni diagonale porta sempre a casa il numero 34. Ma sarebbe superficiale liquidare il ‘34’ come vino tecnico: lo dichiarano gli infiniti assaggi, i tagli sacrificali, la dialettica enologica attorno ai campioni di botte nei lunghi mesi lunghi anni nei quali è maturato questo unicum destinato ad essere irripetibile. Replicabile con altre movenze, forse: ma non ripetibile. 

Ma tutto questo nel bicchiere, chiede il saggio? Che di tutto si può parlare, ma se alla fine il bicchiere non dice, le chiacchiere tornano a zero.
Ecco, nel bicchiere il Codice 34 si prende la scena e giganteggia con quelle collanine di perle sparse, testarde, frenetiche, insistenti. Con quella spuma vaga e svelta, ricamata al tombolo. Con quell’occhio che rinnega ogni richiamo di vecchiezza e intona un’antifona tutta dedicata alla luce. Con quel profumo delicato e denso, capace di muoversi al variare della temperatura dalle sensazioni casearie e di nobili pasticcerie la mattina presto stampate al fresco fino ai chiaroscuri di fiori d’arancio e di frutta mature quando prende temperatura. E il sorso, con l’effervescenza che avvinghia le papille assediandole gentilmente con tratti adulti e movenze bimbesche, fino all’ultimo tocco sottilmente amaricante.

Il ‘34’ è una bevuta che parrebbe richiedere saggezza, ma che a mezza via induce ad una sincera scelleratezza: quella dei progetti impossibili che finalmente prendono forma. 
Così Mario Pojer e Fiorentino Sandri, attorniati dal loro clan, realizzano la visione di uno spumante italiano ispirato alle cuvèe di prestigio delle grandi maison della Champagne, percorrendo una via originale nell’assemblaggio - Pinot Nero e Bianco, Chardonnay - nella lavorazione a tessere, nell’idea finale di un vino monumentale e affascinante nello stesso tempo. 

Noi qui si canta l’ora delle laudi