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Tre Gobbi a Bergamo

Bergamo è una città bellissima. Veronelli l'amava: la narrò, e vi concluse la sua parabola terrena, lasciando tracce indelebili. Ricca la gastronomia antica e moderna, con alcune delle più famose insegne d'Italia, e quindi del mondo. Una su tutte: Da Vittorio, una case history che rimbalza da una sponda all'altra dei mari e degli oceani.
Ebbene Bergamo, di cui anche il pessimo deigli imitatori dialettali si sente in obbligo di dire "de hura e de hota" aspirando esageratamente le acca e mandando in bestia i bergamaschi veri, è anche una città bellissima. Storia - ed è una storia singolare - cultura e appunto gastronomia da conoscere, da ricordare. E piena di sorprese: come la roggia che gorgoglia appena dietro il sotto passo che ti porta all'ingresso principale dell'Osteria Tre Gobbi. Un canale per un lungo tratto sotterraneo, e che d'un tratto compare con fare carsico all'altezza dei balconi più bassi delle case di ringhiera. Curioso e bello.

Curiosa e bella anche l'insegna del locale, in quel verde smalto delle insegne vecchie ma non ancora antiche: anche se l'Osteria è considerata a buona ragione tra le più antiche della città. Oggi s'apre sulla bonomia dell'oste Marco Carminati e sulle folgorazioni dello chef Filippo Cammarata, un'accoppiata di squassante modernità.

Un luogo in cui si possono deporre le armi del quotidiano ed affidarsi ai bicchieri che Carminati manda in tavola, nessuno banale, raramente prevedibili, e nel frattempo farsi attraversare dalle composizioni della cucina: non raramente seducenti, a tratti contundenti, sempre dense di pensiero e di richiami da decodificare, interpretare o semplicemente accogliere. L'accoglienza che è più nelle mani della sala, mentre i piatti hanno il compito di deragliare l'attenzione dal consueto: come il risotto, che da un lato rifugge della solita presentazione laminare "al piatto" - probabile omaggio alla lezione camaniniana - e dall'altro danneggia i riferimenti più radicati della zucca come titolo dolce e mansueto. L'amaro dritto del brodo di bucce suscita più di un'alzata di sopracciglio che al terzo boccone si trasforma in convinto plebiscito d'assensi.

Il parcheggio è a 100 metri: tenere in contro anche per una sosta a pranzo.