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Erbavoglio, il giardino che esiste

"L'erbavoglio non esiste nemmeno nel giardino del re". Noi "boomer" l'avremo sentita un milione di volte questa filastrocca, al bordo dei nostri capricci da bimbi. Fabio Vandelli e Veronica Maldonado profondono ogni stilla del loro impegno per dimostrare il contrario, e il giardino è alla portata di tutti.

A Modena, nei pressi della Pomposa, uno degli angoli più raccolti e misteriosi del centro storico: ciottoli, prospettive di quinta e angoli scaleni: nel vicolo s'apre la porticina dell'Erbavoglio, immense le pareti di pietra che ammutoliscono i cellulari. Si parla il linguaggio dei vegetali, praticati dallo chef con un trasporto contagioso commendevolmente libero da eccessi retorici. La scelta di fondo è nell'ordine di una cucina che ricerca nella sottrazione - no carne, no pesce - un suo equilibrio che per una volta non rincorre l'emulazione dei piatti onnivori "con altri mezzi".

Incontreremo i tortellini: e sono tortellini in crema di parmigiano, con un ripieno a base di orzo fermentato che non sono la copia dell'originale, ma una palusibile variazione. Sfoglia all'uovo chiusa a mano dalla classica "sfoglina" cotti al punto e conditi con misura. Chi li chiama indistingubili non va lontano dalla verità. Una sfida vinta, che fa inarcare più di un sopracciglio, ma noi qui abbiamo levato l'applauso.

In realtà nel percorso di scoperta dell'Erbavoglio il tortellino è una tappa non priva di un aspetto ludico, di un sorriso ironico al quale l'innamorato del buono senza aggettivi non può che accompagnarsi, ma tra i piatti sono le tappe dell'altrove gastronomico che giustificano una piacevolezza complessiva che si staglia nitida anche quando propone accostamenti inusuali, a tratti arditi. Cachi e funghi, largo e chiaroscuro, si fa apprezzare, il mobidissimo cuore di carciofo oleocotto adombra un matrimonio convincente con la crema di topinambur, la nota dolceagra del ketchup "maison". Il Mochi di barbabietola e patate ripercorre fedelmente la consistenza glutinosa che t'aspetti, la o di salsa di cannellini a colpletamento.

Ma la composizione che vale il viaggio è fors'anche la più elementare, all'apparenza, e la più complessa al finale. Carote, dice: spolverizzata a dovere, il kimchi che deraglia dalla gentilezza dell'ingrediente principale innestando un vortice di sensazioni dialettiche, il finale caldo e l'onda di freschezza. Vale il viaggio.

Per i più attenti, cucina lattovovegetariana, con opzioni vegane: il dessert ad esempio è un "rocher" totalmente privo di proteine e derivati animali. Ma l'assenza di sottolineature ideologiche rende l'opera di Fabio e Veronica non solo accessibile ma aperta a tutti, onnicarnivori - quorum ego - inclusi.