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Peter Brunel, altrolago

Autunno strano, questo che tracima di luce attraverso il finestrato abbagliante del locale del fassano Brunel Peter: autunno di calendario e non di termometro, in cui il lago brilluccica come brillocco e l'aria è tersa, il cielo oltremare e il sole di cadmio. Un acquario al contrario, io pesce rosso pronto a straviziarmi del menu lunghissimo e di tutte le attenzioni vinicole, che saranno il contraltare della rappresentazione in tavola.

Al termine, spoilerandolo, ricorderò questo generale senso della misura, governato con sapienza parsimoniosa e nello stesso tempo cosmopolita. I piatti - meglio chiamarli  composizioni, eccezionalmente proporzionate per adattarsi ad una serie di quindici - sono piccoli concerti da camera. D'archi, più che di fiati. Di liuti più che d'ottoni. E tutti musicati su uno spartito mai esasperato, seppure amplissimo. Fin dallo snack, in contrapposizione al drink "sartoriale" per quell'incipit, in cui una maionese allietata da uova di trota e tartufo incontra il sake allo yuzu miscelato al tavolo con Ferrari Max, pepe sichuan.
E parte il viaggio, che lo chef trentino disegna senza confini: dal peruano Ma.Yu.Pe.Tr con granchio e rocoto al sudamericato ceviche, ma stavolta al nero. E poi poco più su con il manzo al guacamole e aji amarillo, e poi di colpo eccoci nei prati di casa con un asparago replicante, il riso - trentinissimo, di mela e frutti rossi - l'ovo & ovo [cit.], e poi ra nord e oriente con merluzzo e mango, e nel subcontinente indiano con il pollo al curry...

Giro del mondo in 80... minuti? no, ne occorrerà qualcuno in più anche se l'andamento ritmico della cucina è formidabile: ritagliato il giusto per il gusto e le chiacchiere, e la partita giuocata con il sommelier che aggiunge viaggi ai viaggi, portandomi a spasso per il mediterraneo e per l'Europa in un susseguirsi di suggestioni, di ricchi commenti, di appassionati scambi.

La cucina di Peter Brunel è una somma di esattezze, che non lascia alcuno spazio all'improvvisazione: mi ricorda quelle lunghe suite viniliche del gruppo di Peter Gabriel - l'omonimia è puramente casuale - in cui ogni battito era scritto, ogni sospiro era segnato. L'invenzione resta fedele compagna del pensiero e del progetto, e l'architettura governa il gesto. Amabile e composto.

Il vocaborio è immenso, la recitazione è garbata, l'intenzione è controllata, così come è controllato il movimento. Al tavolo accade di tutto, ed è un tutto comprensibile, che preferisce la fluidità del racconto alle asperità della scoperta: la danza all'acrobazia. La definirei una cucina musicale, con armonia e melodia, e ritmo, assemblati con precisione metronomica.

Il ristorante gastronomico di Peter Brunel è ad Arco di Trento.