
La Farmacia, lenimento dell’anima
Farmacia che sana, qui si sana, il curare e il nutrire, l’assonanza elementale tra il mistero galenico e quello culinario: entrambi figli di misure e bilance e grammature e pesi, e strumenti specifici, e ingredienti, e formule.
Pensa il linguaggio, l’amabile idioma italico che di molti è meglio per precisione e raffinatezza, e che solo i tempi racchi che viviamo sta riducendo a cachettica ombra di se stesso, delle cose ha contezza ancora prima che lo si pensiero. Il ricettario, che serve per la farmacia e per la cucina. Buffo che una parola ti esploda davanti agli occhi nella sua semplicità e spieghi il tutto, senza preamboli.
La farmacia e la cucina hanno qualcosa in comune, per obbligo: lo dice il ricettario, che non mente, e segnala una contiguità che nella pratica quotidiana non è rara.
A Chiari, in un curioso complesso moderno che pare stampato via da un quadro di De Chirico, un angolo che ospitava la rappresentazione plastica della bruttura moderna – e che infatti giace sotto una parola straniera, discount, perché la nostra bella lingua non è idonea ad accoglierne l'onta – è stato preso di petto e illuminato da una ristrutturazione che l’ha trasformato in un locale polifonico, in cui l’ambientazione che ti spalanca all’ingresso ha la forza di una detonazione.
Un bancone da dimenticartici seduto, una parete di bottiglie e il bartender di vedetta al suo posto; un jardin d’hiver, dove dimenticarsi del cemento cementificato tutt’attorno; i tavoli in penombra, per una sosta discreta e decompressa; e l’immensa, tonitruante dispensa da farmacia, rimessa in opera da una mano puntigliosa e riempita di meraviglie: qui fanno bella mostra di sé le bottiglie che sceglie Luigi - il sommelier - con non meno di una amorevole attenzione, e che accompagnerà il menu con un pairing di rara partecipazione.
