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Colletto, Agriturismo per caso.

Sporgersi dal ballatoio del Colletto e guardare fuori-giù: esperienza di vertigine quotidiana. Vertigine, perchè non ci credi che a sette minuti d'auto dal fondovalle ti possa trovare di fronte un anfiteatro di quella vastità. Quotidiana perchè insomma, c'è così tanta normalità in queste forre e pendii e penombre e creste e paeselli e terrazze che ti verrebbe di dire, che ci vuole. Eppure il Colletto è giusto il teatro minimo dello straordinario a portata di mano.

La struttura: bellissima. C'è il resort, c'è la hall, c'è il ristorante, il tutto governato da una mano che tratta il bello come le carte del tressette, senza tremori ma con il senso del mistero. Dal caminetto Focus alle pareti, ai tavoli, alle vetrate grandi come la provincia di Cuneo. La luce è un compagno di viaggio, qui: larga, chiara, sfacciata. E poi ci sono loro, i protagonisti: Graziana e Lorenzo, catapultati qui dalla loro incrollabile passione per l'accoglienza l'una, per il vino l'altro. E in cucina il giovine demiurgo, che al tavolo ti schiaffeggia di soprese e ti accarezza di seduzione dal primo morso alla satollanza.

C'è cura nel dettaglio, ma sopra tutto c'è la visione: di un ristorante conficcato nel cuore della Valcalepio, non esattamente alla fermata dell'autobus 32 barrato, che desidera costuire storie in ogni piatto, reinventando il ruolo degli ingredienti. Tanto che più di una volta ti chiedi, piuttosto sorpreso, cosa sta accadendo proprio in quei piatti. Che sia con una battuta di cuore, rafano e abete o un risotto - che metterei nella mia personale Hall of Fame dei risotti - mantecato alla salvia e avvitato sul travolgente fondo bruno di fegati, un tuffo nell'abisso dell'oscurità e ritorno. I cappelltti di crauti, la convincente anguilla, l'uso dei vegetali a corredo, una rara interpretazione di vitello che unisce un boccone sodo alla sericità che t'aspetti.

Angelo Bonfitto al tavolo non perde tempo a sfogliare il suo album di cartoline, pur che ha un palmares da pura invidia nei suoi venti-sette anni: ma ascolta il feedback e se lo mette in tasca, sparisce dietro la porta della cucina, maneggia un po' di cose e propone un'altro dei suoi accordi. Suona sempre dispari, fitto d'acciaccature, rare, puntigliose dissonanze in quadro governato dalla piacevolezza. Non ricerca lo smarrimento, ma predilige l'ebbrezza.

Al ballatoio la vertigine quotidiana rimbalza sui raggi del sole che s'abbassa verso l'orizzonte, mentre ti segni l'indirizzo nella pagina di quelli che ricorderai.