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Bolle, ma non è l'acqua.

Di sera, la stripe di Dalmine brilla di mille luci: ma non è Vegas, le facciate che aggettano sulla provinciale sono quelle dei capannoni, dei capannoncini, delle officine, delle attività dell'operoso Norde. Con il mio compagno di banco di stasera, Luca Lows, andiamo a vedere cosa succede nel bellissimo ristorante di Baldassare Agnelli, costruito proprio sopra lo show room del famoso  brand pentolista. Dove peraltro mi rovino a causa della bellezza dei cookware esposti e della professionalità della G.O. che cura l'esposizione.

Ad un tratto un giovine in giubba bianca si palesa e si aggira tra i banchi ricoperti di meraviglie da fornello: scambiamo due battute sulla pila di robe mie molto più alta della pila di robe sue, e mi lagno del rene che dovrò inoltrare sul mercato nero per portarmi a casa quattro borse di pentole pentolini padelle padellini e tutto. Scoprirò poi che è Marco Stagi, chef de cuisine del soprastante ristorante. Uomo fortunato: oltre alla "splendida cornice" anche la splendida sostanza di un imprenditore lungimirante, di una cucina attrezzata come si può immaginare, e della voglia di fare ancora intatta della giovinezza.

La tavola, scopriremo tra poco, è inondata con generosità dell'entusiasmo crativo dello chef, reso anche più spettacolare dall'uso intensivo di residui metallici della produzione di fabbrica, così come i ninnoli da cucina che ogni tanto compaiono: fossero le giocherellose micropadelline portasalsa, fossero l'altisonante casseruola d'oro in cui peraltro campeggia uno dei piatti memorabili della serata: quel Risotto al Pomo D'Oro in cui confliggono diversi frutti di pomodoro in diverse lavorazioni: dall'acqua al gel alla crema, e altro. Cottura assai convinta, dice lo chef, ma il complessivo è di impressionante profondità pomodorevole.

La cura nella preparazione anche estetica delle composizioni è intensa, quasi goniometrica: ma non s'abbandona al lezio nemmeno quando il tavolo si ricopre di bocconcini, salati all'entrata e dolci all'uscita. Ne godrai, perchè più che stanchi riempitivi di una liturgia consunta sono il fiero messaggio di una cucina che vuole lasciare il segno "Ho sempre amato vedere tante cose in tavola, mi piace accogliere e congedare gli ospiti con calore". E tra gli snack e i petit four si annidano sopresine che elevate al rango di piatto sarebbero esse stesse sorprese a tutto tondo. Ingredienti di maniera - il piccione, il morone, la capasanta - svolti con piglio autorevole e un'espressività che si fa personale e riconoscibile negli accompagnamenti, ritmati da un servizio di brillante presenzassenza.

Tempi giusti, modi giusti, una cantina in cui si può pescare con soddifazione pur senza sommovimenti tellurici, e una luminosa parvenza di classicità. Luca è d'accordo, anche se temo che sia soprattutto per rispetto per la mia veneranda età. Me ne farò una ragione: ma da Bolle si sta bene, non ostante Dalmine.