Home - Stefano Caffarri
Frammenti

Home > Frammenti > Frammenti di cibo > San Brite e l'Altra Cortina

  • San Brite e l'Altra Cortina
  • San Brite e l'Altra Cortina
  • San Brite e l'Altra Cortina
  • San Brite e l'Altra Cortina
  • San Brite e l'Altra Cortina
  • San Brite e l'Altra Cortina
  • San Brite e l'Altra Cortina
  • San Brite e l'Altra Cortina
  • San Brite e l'Altra Cortina
  • San Brite e l'Altra Cortina
  • San Brite e l'Altra Cortina
  • San Brite e l'Altra Cortina
  • San Brite e l'Altra Cortina

San Brite e l'Altra Cortina

Viviamo in una epoca complicata più che complessa, in cui molto spesso ci si rifugia nella semplicità come giustificazione delle semplificazioni, indispensabili a lanciare "messaggi" comprensibili, che possano essere fruiti in un "amen". Non sono un appassionato sostenitore della semplicità come valore tout court.
A Cortina d'Ampezzo la semplicità è una scelta di campo.

La mattina, abbadonato il centro degli Hotel e dei Negozi e delle Grandi Automobili Sportive - tutte da fuori - basta salire quattro curve per trovarsi su di un poggio da cui lasciarsi inebriare dallo spettacolare circo Dolomitico. Ludovica - per tutti "la Ludo" - mi ha detto tutti i nomi, lei che è ampezzana d'adozione, di vita e di cuore, ma io ero groggy di bellezza, e oltre alle Torri e alle Tofane non ne ricordo alcuno. Mi ricordo, e bene, i colori: verde smeraldo, blu cobalto, bianco neve, e il grigio-rosa delle rocce.

Facevo queste considerazioni - e altre - assiso al tavolo di San Brite, a Cortina. Sempre lei, la Ludo, mi ha finalmente squarciato il velo della conoscenza: Brite è la malga, e San è per dire Sana. La Malga Sana, dove si sta bene, poeticamente virata a rovescio, San Brite. Che suona bene e ispira e spiega e dice. La Ludo, Ludovica Rubbini, è metà del cielo (assurdamente azzurro) del San Brite.

Riccardo Gaspari, che del San Brite è l'altro mezzo cielo, lavora una cucina diretta, schietta, a tratti schiva. A tratti ermetica pure: come la vita di montagna, non c'è che dire, perfetta sintesi. Ne sfiora i cardini - selvatico, funghi, balsamico - e ne sonda le profondità. Ne celebra la liturgia, con l'imperscrutabile "gesto" della ricotta, che arriva in tavola a fine pasto, e che ti devi raccogliere con la fuscellina, scolare a piacere, e accompagnare di dolcezze secondo gusto. Ecco, questo è l'elogio della semplicità: il nulla, il "resto" che si fa tutto, come si usa nelle economie a circolo chiuso, come si usa nelle montagne vere.

Ma se c'è una preparazione, un'opera che lascia il segno, quella è la composizione attorno al sedano rapa. Un solo ingrediente: il massimo della semplicità. Ma con quattro differenti lavorazioni, con quattro differenti trasformazioni, quattro diverse erogazioni di energia. Il brodo, la polvere, il cuore, il filamento. La fiamma, il gas, il forno, l'essiccazione. Quattro diverse sensazioni tattili, diverse sapidità, diverse profondità. Un piccolo mondo antico infilato in un piatto, denso di sensi, spesso di messaggi, lungo di pensiero.

Mi basta.