
La Farmacia, lenimento dell’anima
Farmacia che sana, qui si sana, il curare e il nutrire, l’assonanza elementale tra il mistero galenico e quello culinario: entrambi figli di misure e bilance e grammature e pesi, e strumenti specifici, e ingredienti, e formule.
Pensa il linguaggio, l’amabile idioma italico che di molti è meglio per precisione e raffinatezza, e che solo i tempi racchi che viviamo sta riducendo a cachettica ombra di se stesso, delle cose ha contezza ancora prima che lo si pensiero. Il ricettario, che serve per la farmacia e per la cucina. Buffo che una parola ti esploda davanti agli occhi nella sua semplicità e spieghi il tutto, senza preamboli.
La farmacia e la cucina hanno qualcosa in comune, per obbligo: lo dice il ricettario, che non mente, e segnala una contiguità che nella pratica quotidiana non è rara.
A Chiari, in un curioso complesso moderno che pare stampato via da un quadro di De Chirico, un angolo che ospitava la rappresentazione plastica della bruttura moderna – e che infatti giace sotto una parola straniera, discount, perché la nostra bella lingua non è idonea ad accoglierne l'onta – è stato preso di petto e illuminato da una ristrutturazione che l’ha trasformato in un locale polifonico, in cui l’ambientazione che ti spalanca all’ingresso ha la forza di una detonazione.
Un bancone da dimenticartici seduto, una parete di bottiglie e il bartender di vedetta al suo posto; un jardin d’hiver, dove dimenticarsi del cemento cementificato tutt’attorno; i tavoli in penombra, per una sosta discreta e decompressa; e l’immensa, tonitruante dispensa da farmacia, rimessa in opera da una mano puntigliosa e riempita di meraviglie: qui fanno bella mostra di sé le bottiglie che sceglie Luigi - il sommelier - con non meno di una amorevole attenzione, e che accompagnerà il menu con un pairing di rara partecipazione.
L’offerta della Farmacia Bistrot, ecco il nome completo all’insegna, è davvero versicolore, disegnata per confortare il viandante durante molte ore del giorno. Un universo che spazia dalla Cesar’s Salad ai Tacos alla pizza al Padellino alle salvifiche insalate, alle paste del giorno ai taglieri, a rischio di abbondanza.
Ma anche al desinare non scherza: i mangiari allestiti da Pasquale Tozzi spaziano da formidabili tagli di carne – rari, preziosi, maturati a lungo – e i percorsi di degustazione che ne seguono l’indole creativa.
Ti aspetta una cucina laica, assai poco incline a farsi inquadrare in uno schema. Mare, fiume e terra, includendo in questa anche le interiezioni vegetali, a racchiudere il mondo espressivo di Tozzi che ancora baciato da un’anagrafe indulgente – per chi vanta una dignitosa canizie – di sole 35 primavere possiede un lessico complesso, a tratti ardimentoso.
Se la trota con il cavolfiore e la mela verde offre sensazioni acquerellate in omaggio ad una composizione prudenziale, il ragù di vitello – ottenuto dalle parti meno nobili – celato da una foglia di cavolo nero tocca le corde grasse e amaricanti con vigore; se gli gnocchi di zucca, castagne e “ramen d’autunno” sono una folgore umbratile che risuona a lungo, i ravioli di grano arso sono una sfida alla mappa dei gusti stampata nella memoria tra patata affumicata, manzo alla birra, quasi un irish stout beef stew.
Se l’ombrina è un passaggio di sicurezza, il piccione – ineluttabile punto d’onore di ogni cucinatore del terzo millennio – è proposto con un accompagnamento bifronte: il saputo del fuagrà e l’inatteso della formidabile composta di prugne. Come se nel microdettaglio trasparisse in sintesi l’anima “pastry” dello chef.
Che non attende altro che il finale, con il grido della torta di rose che vorresti averne un materasso farcito per affondarci fino a che la neve non ti ricopra.
La sosta in Farmacia è preziosa, la piacevolezza è assicurata. Lo chef – sul ponte di comando da non più di qualche mese – ha voglia e volontà, e di idee un paniere pieno. Detto ciò un futuro disegnato per sottrazione potrebbe enfatizzare quei tratti identitari che emergono qua e là e che sono un bel viatico per il domani.
La Farmacia Bistrot
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